Associazione Veneta per lo Sviluppo Sostenibile

Report dall’incontro AsVess: Agenda 2030, obiettivo 8, lavoro dignitoso, regolarizzare il lavoro degli immigrati

Report dall’incontro AsVess: Agenda 2030, obiettivo 8, lavoro dignitoso, regolarizzare il lavoro degli immigrati

Vicenza 8 ottobre 2021 – Sintesi degli interventi e proposte

di GIORGIO SANTINI, ASVESS –

Introduzione di Giorgio Santini

Il tema del nostro incontro riguarda l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile in particolare  come dare attuazione all’Obiettivo 8 “ Lavoro dignitoso e crescita economica” e all’obiettivo 10 “Ridurre le Disuguaglianze”.

L’art. 8 così recita al punto 8.8: “Proteggere i diritti del lavoro e promuovere un ambiente di lavoro sicuro e protetto per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori migranti, in particolare le donne migranti e quelli in lavoro precario”.

L’art. 10 stabilisce al punto 10.7: “Facilitare la migrazione ordinata, sicura, regolare e responsabile e la mobilità delle persone, anche attraverso l’attuazione di politiche migratorie programmate e ben gestite”.

Dare attuazione a questi due obiettivi significa operare nella nostra realtà veneta per contrastare il livello molto elevato di irregolarità che caratterizza ancora il fenomeno dell’immigrazione anche nel momento in cui assume dimensione quantitative e qualitative molto rilevanti per l’economia e la società veneta.

Dall’analisi dei dati più significativi del fenomeno immigrazione in questi anni e dal confronto con diversi attori sociali ed economici sugli interventi in atto e sulle criticità ancora aperte cercheremo di fare emergere un nucleo di proposte concrete che permettano di ridurre oggi e in una prospettiva non lontana eliminare l’irregolarità nel lavoro e nella condizione sociale degli immigrati.

Prima parte: Analisi dei dati

La Dott.ssa Chiara Tronchin (Fondazione Moressa) nel suo intervento ha messo in evidenza le dinamiche economiche e demografiche relative agli stranieri.

Anche in base al recente “Rapporto 2021 sull’economia della immigrazione” della Fondazione Moressa i dati si possono così riassumere:

gli stranieri residenti in Italia sono 5 milioni (1/1/2021) pari al 8,5% della popolazione. I paesi di origine sono: 30%UE 28 – 19.4%  altri UE – 21.9% Africa – 21.3% Asia – 7.4% America.

Il Bilancio demografico del 2020 prevede un Saldo migratorio di +148.000 stranieri e -190.000 italiani e un Saldo naturale di +50.000 stranieri e -392.000 italiani con 133.000 naturalizzazioni.

I paesi di provenienza prevalenti sono: Romania, Marocco, Ucraina e Bangladesh.

Le conseguenze della Pandemia in atto dal 2020 sono state particolarmente significative non solo per l’aumento della mortalità tra gli immigrati ma anche per le limitazioni alla loro mobilità.

L’incidenza più forte del COVID sull’occupazione ha riguardato le donne con la perdita del 35% dei posti di lavoro.

Tuttavia la crisi pandemica ha dimostrato anche quanto sia vitale l’immigrazione per la società e l’economia italiana e quanto sia importante avere i lavoratori stagionali nelle campagne, il personale di servizio nelle famiglie, i muratori nelle impalcature, i mungitori nelle stalle e i medici e gli infermieri negli ospedali.

Il contributo economico dell’immigrazione in Italia ha visto 2,35 milioni di occupati stranieri pari al 10,2% sul totale occupati con un calo tra il 2019 e il 2020 di -1,4% tra gli italiani e del -6,4% degli stranieri. Conseguentemente il tasso di occupazione cala del -0,6% tra gli italiani e del – 3,7% tra gli stranieri.

La stima del PIL DELL’IMMIGRAZIONE nel 2020 ammonta a 134,4 miliardi di euro pari al 9% del PIL.

Il 51% deriva dal settore Servizi che occupa il maggior numero di lavoratori stranieri. Negli altri settori l’incidenza è significativa in Agricoltura (17,9%), Edilizia (17,6%) e Ristorazione (16,5%).

Ben quattro Regioni registrano una incidenza del Pil sopra il 10%: Lombardia (12%), Emilia-Romagna (11,6%), Veneto (10,8%), Lazio (10,2%).

In prospettiva appare critica dal punto di vista del fabbisogno di personale la situazione del settore sanitario dove il rapporto tra infermieri e popolazione risulta in Italia di 5,7 infermieri ogni mille abitanti notevolmente inferiore alla media dei Paesi Ocse (8,8 ogni 1000 abitanti). Considerando l’aumento del numero degli anziani e il bisogno di personale per la gestione della pandemia è prevedibile a breve termine una carenza di infermieri che potrebbe essere colmata solo con l’assunzione di personale proveniente dall’estero (come è già avvenuto per l’assistenza agli anziani).

Gli imprenditori nati all’estero sono circa 740.000 e rappresentano il 9.8% del totale. Negli ultimi 10 anni risultano in crescita del 29,3%.

La provenienza maggiore è dalla Cina (oltre 75.000), Romania e Marocco (oltre 70.000). Negli ultimi anni si registra un significativo aumento dai paesi dell’Est: Romania +3,6% – Albania +6% – Moldavia +8,6% – Ucraina +5,2%. In crescita anche Nigeria, Pakistan ed Egitto. Rallentano Bangladesh ed India.

Circa un terzo degli imprenditori di origine immigrata operano nel Commercio, seguono i servizi (23%), le costruzioni (21%).

Prendendo in considerazioni l’incidenza degli immigrati per ciascun settore il comparto in cui gli stranieri hanno maggior incidenza è l’edilizia (16%). Seguono Commercio (13,4%) e Ristorazione (12.2% ).

Le imprese a conduzione straniera sono 563.176 pari al 10.9% del totale.

Sul piano fiscale risultano 4,2 MILIONI i contribuenti nati all’estero pari al 10,2% del totale per una stima di 30,3 Mld di redditi totali e di IRPEF pari a 4 Miliardi.

La differenza tra la Spesa pubblica pari a 27,5 miliardi di euro per servizi agli stranieri (Sanità, Istruzione, Servizi sociali, Servizi locali, Giustizia, Accoglienza, Previdenza) e le Entrate fiscali pari a 28,1 miliardi (Irpef, IVA e altre imposte) configura un SALDO FISCALE POSITIVO di circa 600 milioni di euro annuo derivante dalla Economia della Immigrazione.

Per quanto riguarda i contributi previdenziali 20,6 miliardi di euro provengono dai nati all’estero pari al 8,5% del totale.

I lavoratori stranieri irregolari vengono stimati in 517.000 in base a quanto si è verificato per le assenze dovute alle limitazioni dei viaggi nel periodo Covid. In particolare nel corso della pandemia su 220.000 domande di sanatoria presentate da lavoratori agricoli e domestici, sono risultate accolte solo 60.000.

Nel Veneto gli immigrati risultano 481.000 di cui 248.000 occupati, 2/3 dei quali con basse qualifiche.

In conclusione l’economia dell’immigrazione rappresenta ormai un importante fattore strutturale nella nostra realtà nazionale e veneta.

L’apporto degli immigrati nonostante crisi COVID si deve considerare positivo anche se appare molto frenato dalla diffusa irregolarità.

Chiara Gargiulo (Dipartimento Scienze Statistiche dell’Università di Padova).
Un approfondimento sulle dinamiche del lavoro degli immigrati derivante dalla Rilevazione continua delle forze di lavoro nel periodo 2012-2020 che presentiamo nella tabella allegata dimostra che in prevalenza i lavoratori stranieri svolgono professioni non qualificate nella misura del 34% sul totale con una punta del 37% tra le donne immigrate e una presenza tra il 65% e il 70% di collaboratori domestici e di addetti all’assistenza delle persone.
Dall’analisi dettagliata delle professioni emergono però anche dati meno conosciuti : in particolare una presenza di lavoratori stranieri in percentuali molto elevate sopra il 40% tra gli operai specializzati, i conduttori di impianti, i montatori di prefabbricati, oltre un terzo nel settore dell’edilizia con punte del 50% nei settori alberghiero e ristorazione e di quasi il 70% tra i conciatori di pelli, come si vene nella tabella qui riportata.

Seconda parte Proposte e percorsi per la regolarizzazione del lavoro degli Immigrati:

Gianpiero Dalla Zuanna (Università di Padova Dipartimento Scienze Statistiche).

Il fenomeno dell’immigrazione necessita di una gestione fondata sul pragmatismo al di fuori di ogni visione ideologica. a partire dal fatto che funziona solo il meccanismo di mercato al di fuori di qualsiasi forma di possibile regolazione sia in ingresso che in uscita (solo il 20% degli irregolari viene rimandato al suo paese).
La strada maestra è di ancorare fortemente al lavoro l’ingresso degli immigrati stabilendo che si viene solo su chiamata sulla base delle necessità lavorative. Questo significa riprendere una modalità già usata in passato (con i decreti flussi) di definire periodicamente il fabbisogno di occupazione nei diversi settori e territori. A tal fine si potrebbero introdurre i permessi per ricerca di lavoro con dei punteggi riferiti a titoli di studio e qualifiche professionali, per un periodo di almeno sei mesi.
Sul piano quantitativo va esaminata la possibilità periodica di sanatorie delle situazioni lavorative di fatto per svuotare anche attraverso questa via il bacino della irregolarità che diversamente continua a crescere.

L’attuale flusso dei richiedenti asilo in questo modo può essere ricondotto alle sue finalità umanitarie ed in ogni caso ha bisogno di risposte rapide superando le attuali macchinosità che si concludano in tempi ragionevoli o con l’inserimento o con eventuali rimpatri.

Bruno Anastasia (esperto mercato del lavoro).
Il lavoro degli immigrati rappresenta un fattore decisivo nell’economia italiana. Continuerà ad esserlo anche nei prossimi anni, considerata la situazione demografica del nostro Paese. In parallelo, ma con velocità inferiore, cresceranno anche le acquisizioni di cittadinanza italiana.
A fronte di ciò permane però una situazione critica delle regolarizzazioni che non solo funzionano a rilento (su 250.000 richieste solo 60.000 accettate) ma soprattutto danno luogo ad una inaccettabile serie di artifici ed elusioni. E’ incomprensibile il motivo perché a livello di pubblica amministrazione del nostro Paese non si riesca a gestire in modo migliore un processo di regolarizzazione così necessario.
E’ auspicabile che le riforme della pubblica amministrazione previste nel PNRR possano migliorare questa situazione.
In questi anni l’immigrazione regolare e’ cresciuta solo con i ricongiungimenti famigliari così da configurare la famiglia come l’istituto decisivo per l’ingresso nel mercato del lavoro.
Ma in questo modo il sistema economico rinuncia agli indispensabili elementi di qualità professionale.
E’ necessaria ed urgente una politica di gestione dei flussi di immigrazione rapportata alle esigenze professionali del nostro sistema economico che parta da una regolarizzazione dell’esistente e si consolidi nel prossimo futuro.

Luigi Zanin (Direttore generale Lavoro Regione Veneto)La Regione, attraverso i Centri per l’Impiego e Veneto Lavoro, nuove sta cercando di introdurre nuove proposte e metodologie sul tema della regolarizzazione del lavoro degli immigrati anche sulla base delle indicazioni che provengono da molte Associazioni. Tuttavia non si riesce ancora a stabilire il fabbisogno in maniera attendibile e soprattutto si sente la mancanza di un decreto flussi. Dal Rapporto 2020 di Veneto Lavoro risultano dati significati riguardanti la maggior reattività nel rispondere alla ricerca di lavoro dei giovani immigrati rispetto agli italiani e un apporto significativa della componente anziana (pari al 5%).
In materia le deleghe della Regione sono delimitate e non prevedono possibilità di intervento sul,diritto di asilo e sull’integrazione degli immigrati. In questa fase la Regione si sta impegnando su diversi ambiti:
sull’insegnamento della lingua italiana all’interno dei corsi di formazione professionale, facendo supplenza ad un ruolo che dovrebbe essere svolto dal Ministero competente.
su corridoi di cooperazione internazionale per l’ingresso è l’integrazione degli immigrati
su una sperimentazione dei fabbisogni professionali con la Moldova.

Luca Bertuola (Confartigianato Veneto):
Rispetto al lavoro degli immigrati il sistema contrattuale sta esercitando nel Veneto un ruolo positivo.
Nel 2021 risultano aderenti all’EBAV il 20% di immigrati con punte del 50% nell’EDILCASSA e del 48% nei settori Alberghiero/Turismo/Ristorazione nella provincia di Treviso. Sono dati che dimostrano quanto sia alto in questi settori il fabbisogno di manodopera.
Il lavoro si dimostra come una strada praticabile per favorire l’inserimento come nel caso dell’Apprendistato che si è dimostrato un vero e proprio veicolo di integrazione.
Tuttavia questo non basta. Serve un vero e proprio PATTO DI LEGALITÀ (civile oltreché contrattuale) garantito dalle pubbliche istituzioni a partire dai settori più esposti come la Logistica dove servirebbe un Patto di legalità sugli appalti.

Stefano Lupatin (Confcooperative Veneto):
Nel nostro settore nell’area di Padova abbiamo realizzato una esperienza attraverso la cooperazione sociale che ha dato significativi risultati permettendo in tre anni oltre 400 inserimenti lavorativi di immigrati. Ciò è avvenuto in un rapporto costante con il “Sistema dell’accoglienza” costituito da Prefettura, Questura, Parti Sociali fondato sul legame tra rapporto di lavoro e permesso di soggiorno con il sostegno economico della Fondazione Cariparo con le doti di lavoro.
Questa esperienza positiva non cancella però le molte problematicità del settore in particolare a causa delle cooperative spurie dove il tasso di illegalità e’ molto alto (risulta tre volte più alto tra le cooperative non associate). Sono svariate le forme di illegalità: cooperative senza terra – società “esterovestite “, Snc e Srl fasulle.
Si sta cercando di rispondere a livello territoriale attraverso contatti con i Servizi sociali comunali e i centri per l’impiego, promuovendo i lavori di pubblica utilità (LPU) e cercando di dare risposta ai due bisogni più diffusi tra gli immigrati (il permesso di soggiorno e l’abitazione) che diventano spesso elementi di ricattabilità. Nel settore della logistica si stanno costituendo gli sportelli per regolare le molte forme di illegalità.

Matteo Merlin (Fai-Cisl Verona)
La presenza dei lavoratori immigrati è molto numerosa nel settore Agro-alimentare.
Per contrastare la diffusa illegalità del “caporalato” che presenta nell’est veronese numeri importanti è stato costituito un Ente Bilaterale (AGRIBI) in attuazione della specifica legge.
Viene così facilitato il rapporto tra domanda ed offerta di lavoro con lo strumento della formazione del personale (anche linguistica). Ciò ha permesso l’attivazione di 216 contratti a tempo determinato e il successivo passaggio alla stabilizzazione. Altro fattore importante di contrasto alla legalità nelle campagne è stato l’organizzazione del servizio di trasporto.

Giuseppe Venier (UMANA)
Dal nostro osservatorio quotidiano vediamo che la domanda di lavoro in questa fase è alta sia nel lavoro a tempo determinato (31.000) che a tempo indeterminato (6.000). noi cerchiamo di soddisfarla coinvolgendo molti lavoratori immigrati.
Nel 202 abbiamo realizzato circa 50.000 nuovi contratti (68,5% italiani – 31,5% stranieri ) per il 60% nel settore manifatturiero.
Non aiuta la confusa situazione tra richiedenti asilo e chi cerca un lavoro. Servirebbero alcuni accorgimenti per dare più trasparenza al mercato del lavoro:
Collegare il permesso di soggiorno al lavoro
La mappatura delle competenze come sarebbe previsto nel modello C3 (ma che non si concretizza perché la compilazione avviene in forma burocratica e non viene svolta da chi ne avrebbe le competenze).
Le Agenzie per il Lavoro (APL) in questi due campi potrebbero dare un contributo molto importante sia per la regolarizzazione sia per la possibilità di poter offrire contratti di lavoro più lunghi con la copertura degli ammortizzatori sociali quando necessario.
Sarebbe molto importante dare attuazione alla proposta del c.d. Rating Contrattuale avanzata del Dir.Reg. INPS dott. Pone per dare un nuovo valore al lavoro come fattore di regolarità e di qualità .

Luigi Copiello (AsVeSS)
Sono state molte e tutte interessanti le esperienze emerse dai diversi e qualificati interventi.
La nostra regione e’ caratterizzata da due fenomeni tra loro contradditori: da un lato una emigrazione “pregiata” dei giovani italiani verso altri paesi; dall’altro una immigrazione di molto consistente per attività non particolarmente pregiate in una fase economica in cui c’è un grandissimo bisogno di lavoro.
Possiamo rilevare in questi movimenti una sorta di “selezione” da parte dei percorsi di immigrazione verso l’Italia come si può rilevare in particolare nel settore particolarmente problematico della logistica.
Una politica internazionale di “governo” di questo fenomeno e’ complicata dai differenti interessi dei singoli paesi che difficilmente permettono una gestione condivisa e reciprocamente soddisfacente.
In questo ambito è comunque necessario assumere con decisione alcune linee di azione che possano innanzitutto affermare un sistema di legalità “per l’immigrazione che c’è” basato sullo studio nelle forme più diffuse possibili della LINGUA ITALIANA come Diritto-Dovere e sulla maggiore diffusione possibile della FORMAZIONE PROFESSIONALE.