Associazione Veneta per lo Sviluppo Sostenibile

Economia circolare, consumo responsabile e modelli produttivi sostenibili

Economia circolare, consumo responsabile e modelli produttivi sostenibili

DI PAOLO GURISATTI

Il 6 ottobre scorso abbiamo partecipato all’evento dedicato al tema dell’Economia Circolare nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2020 (vedi LINK ). La discussione è stata assai stimolante, grazie a una molteplicità di interventi molto puntuali, tra i quali va ricordato quello di Ilaria Bramezza, sulla strategia regionale del Veneto.

A distanza di tempo, mi sembra opportuno sottolineare un aspetto emerso dalla discussione e può essere utile all’impostazione del lavoro futuro sul Goal 12 (sia all’interno di ASVESS che nel gruppo di lavoro nazionale di ASVIS): mi riferisco all’opportunità di spostare l’attenzione dall’impegno etico delle singole imprese e dei consumatori al tema più generale dell’organizzazione delle “filiere”, come perno di una nuova politica industriale.

Gli interventi che ho ascoltato, incluso il nostro di ASVESS, hanno tutti evidenziato l’importanza dell’organizzazione di filiera nello sviluppo di nuove e sostenibili soluzioni per il mercato.

Possiamo partire dal commento di Roberto Morabito, che ha detto: l’Italia è al primo posto in Europa per esperienza nell’economia circolare, ma perde terreno nei confronti degli atri partner UE, perché questi ultimi investono più velocemente di noi. Nei nostri territori persistono vari tipi di freno all’installazione di piattaforme di recupero e riciclo, e più in generale di “impianti” per l’economia circolare, che mettono a rischio il primato storico del nostro Paese.

Sulla stessa linea possiamo citare la riflessione di Vincenzo Linarello, sul caso della filiera biologica degli agrumi (e del riutilizzo degli scarti di lavorazione) in Calabria. L’etica ha saputo dimostrare che l’impegno ostinato a perseguire obiettivi di circolarità ha garantito 45 centesimi al kilo, ai produttori associati alla rete Goel, proprio come risultato di una strategia di filiera, che è la cifra più alta mai raggiunta nel territorio calabrese.

O citare l’intervento di Giampiero Calzolari sulla filiera integrata di Granarolo (dalla produzione di latte al bio-metano) che sottolinea l’importanza dell’organizzazione dei vari anelli della filiera lattiero-casearia nello sviluppo del loro progetto industriale, verso un’economia sostenibile.

Infine, si possono richiamare le considerazioni sui consumatori e sulle scelte quotidiane di mercato richiamate da Luca Raffaele. Molti cittadini-consumatori sono già disponibili a spostare il proprio portafoglio acquisti verso prodotti e servizi dell’economia circolare, non solo in campo agro-alimentare, ma anche in altri settori di spesa (dall’abbigliamento rispettoso dell’ecologia ai nuovi sistemi di gestione dei mezzi di trasporto). Ma non esiste ancora un sistema di mercato in grado di rispondere alla loro domanda.

In conclusione, come hanno verificato tutte le imprese intervenute, cooperative e non, i cittadini-risparmiatori sono disponibili a investire nelle azioni di imprese collocate in queste filiere del futuro. BlackRock insegna!

Sicit, Granarolo sono entrate in borsa anche per rendere più leggibile e trasparente la gestione del proprio business. E sono state premiate dagli investitori e dagli operatori finanziari.

Tuttavia, pur utilizzando al massimo tutte queste importanti leve di promozione dell’economia circolare, l’Italia rischia di restare indietro, di non raggiungere l’obiettivo centrale di rafforzare il vantaggio competitivo, ri-generando le proprie filiere, con impianti, competenze e sistemi di regolazione adeguati.

Non basta dunque premiare i comportamenti virtuosi e la motivazione dei singoli o investire sull’educazione dei giovani e sul ruolo delle famiglie come centri di spesa sempre più consapevoli. Non basta neppure incentivare e premiare le aziende certificate e virtuose. E’ indispensabile disegnare una politica industriale più ampia, finalizzata a costruire filiere dell’economia circolare, che possano ospitare aziende di successo, creare un contesto favorevole agli investimenti, agevolare l’innovazione e lo sviluppo di conoscenze avanzate (in direzione di una Industria 4.0 fatta più di relazioni intelligenti che di robotica) esattamente come accaduto nell’epoca d’oro dei distretti.

Ecco il filo della riflessione che vogliamo riproporre al gruppo di lavoro ASVIS sul Goal 12.

Se spostiamo la nostra attenzione dai singoli consumatori e dalle singole aziende, dall’etica della responsabilità verso il Pianeta (o quanto meno verso gli obiettivi dell’ONU), alle strutture organizzative, ai problemi evolutivi delle filiere della moda, dell’agro-alimentare, dell’automotive, dell’impiantistica industriale, del turismo, probabilmente riusciremmo a dare un contributo più concreto alle scelte che i governi nazionali e regionali dovranno fare nei prossimi anni.

Dare visibilità, rendere più trasparenti i “sistemi di mercato” dell’economia circolare, la loro domanda di competenze e di innovazione, le loro esigenze di finanziamento, è un passaggio cruciale che potrebbe portarci oltre la soglia della buona volontà e dei principi etici che ci guidano (che sono guardati ancora oggi con sospetto dagli scettici della sostenibilità), in direzione di proposte più concrete e convincenti.

Questa linea interpretativa è più che mai utile nella fase di avvio della prossima programmazione regionale e soprattutto del Recovery Fund.


Note a margine del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2020 (evento dedicato al Goal 12 – Economia Circolare, 6 ottobre 2020).