Articolo tratto dal primo incontro del ciclo Crisi climatica e gestione delle risorse idriche: scenari e proposte di policy per l’asse fluviale del Piave tra Belluno e Treviso organizzato da AsVeSS con Osservatorio economico e sociale e Camera di Commercio di Treviso e Belluno|Dolomiti.
Tutti i materiali del convegno possono essere scaricati QUI.
La crisi climatica sta cambiando il volto del nostro sistema idrico, con piogge che — quando arrivano — sono sempre più spesso improvvise e violente. Al contempo, i periodi siccitosi si allungano, mettendo a dura prova fiumi, falde e territori.
Le strategie del passato non bastano più: servono visioni nuove, modelli di gestione capaci di adattarsi e, soprattutto, collaborazione. Da questa esigenza condivisa l’Osservatorio Economico e Sociale della Camera di Commercio di Treviso e Belluno e AsVeSS hanno organizzato un ciclo di tre incontri informativi, mettendo al centro il rapporto tra crisi climatica e gestione delle risorse idriche.
Il primo passo da compiere è conoscere l’entità delle risorse, la loro distribuzione sul territorio e lo stato delle riserve presenti. Il Veneto è una regione storicamente ricca d’acqua: qui i rabdomanti non hanno mai avuto granché da fare, ma negli anni tanto i fiumi quanto le falde sono profondamente cambiati.

«Mai come nel 2022 le acque sotterranee hanno registrato livelli così bassi» ha messo in guardia Sara Pavan di Arpav. Dal 2007 l’Agenzia pubblica un rapporto mensile sullo stato delle risorse idriche, consultabile online, che offre utili comparazioni — ad esempio tra le piogge cadute nel mese e quelle dello stesso periodo dell’ultimo trentennio — unite al bilancio idroclimatico.
Oltre alle piogge, Arpav tiene conto anche delle nevicate e qui emerge una prima sostanziale novità: negli ultimi anni, a causa delle alte temperature, si sta assistendo a una fusione anticipata che altera il normale ciclo idrologico.
«Il ghiaccio della Marmolada entro 15 anni non ce l’avremo più – commenta Pavan –. Il problema non sono le minori nevicate, quanto il fatto che ci piova sopra e che le alte temperature sciolgano la coltre nevosa. L’effetto è che in primavera abbiamo metà della neve che dovremmo avere».
L’aumento delle temperature è un fatto conclamato e un fenomeno destinato a peggiorare: negli ultimi dieci anni abbiamo avuto 8 notti in più con temperature superiori ai 20 gradi sulla pianura veneta, con il 2024 che ha registrato oltre 47 notti tropicali, a fronte del precedente record del 2003 di “appena” 30.
Essenziale per comprendere le sfide future è il lavoro svolto nei decenni passati da AIM e CNR, che tra il 1974 e il 1982 hanno tracciato una prima mappa della quantità e della qualità delle acque sotterranee nella provincia di Vicenza.
«La tecnologia – spiega Lorenzo Altissimo, già direttore del Centro Idrico di Novoledo e tra gli artefici di quel primo monitoraggio – ha permesso l’estrazione di quantità sempre maggiori d’acqua, riducendo progressivamente il volume delle risorgive. Nel 1985 eravamo al 75-80%, ma oggi la riduzione è molto più marcata, con effetti sistemici».
Paradossalmente, aggiunge Altissimo, a influire sull’equilibrio delle falde sono anche alcune evoluzioni tecnologiche, come quelle applicate all’irrigazione delle colture, che consentono sì di ottimizzare l’utilizzo dell’acqua, ma al tempo stesso sottraggono alla falda la possibilità di ricaricarsi con le perdite dei sistemi meno efficienti precedentemente in uso.
Non solo l’acqua in falda è diminuita — complice anche la massiccia cementificazione del suolo, che ne limita la permeabilità — ma le cronache recenti hanno documentato importanti fenomeni di inquinamento delle acque sotterranee, come nel caso dei PFAS.
La sfida, a questo punto, è tentare di ipotizzare il futuro: da un lato la frequenza e la forza degli eventi atmosferici, dall’altro la gestione e la prevenzione dei rischi.
Per farlo, ricorda Giulia Passadore, il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università di Padova è in grado di formulare previsioni a medio e lungo termine attraverso complesse attività di monitoraggio e l’elaborazione di modelli matematici.
L’impatto del riscaldamento climatico, ad esempio, si farà sentire: per ogni grado in più, aumenta la quantità di vapore in atmosfera e con essa la probabilità che si verifichino eventi meteorologici più intensi.
Tanto più i dati sono affidabili e disponibili, tanto meglio il modello da essi ricavato potrà essere calibrato, migliorando l’efficienza della gestione della risorsa idrica.