Tira una brutta aria sull’Italia: gli indici relativi al nostro Paese mostrano un peggioramento anno su anno per 6 dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dall’Agenda 2030.
A certificarlo è il Rapporto 2025 L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, curato da ASviS e presentato lo scorso 22 ottobre a Roma, presso l’aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati.
L’Italia è peggiorata per quanto riguarda alimentazione, salute, acqua, disuguaglianze, ecosistemi terrestri e partnership, ed è migliorata solo per quanto riguarda istruzione, parità di genere e clima. Rispetto a 15 anni fa la situazione non è poi così confortante, visto che – tra pochi miglioramenti, molti pareggi e qualche peggioramento – a far bene è soprattutto l’economia circolare.
«Dei 38 target analizzati per i vari goal – rileva ASviS – solo 11 (il 29% del totale) sono raggiungibili entro il 2030, mentre 22 (58%, ovvero più della metà) non verranno raggiunti».
A pesare, inevitabilmente, è anche la difficile situazione internazionale: nel 2024 si sono registrati 59 conflitti attivi, il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale, che hanno causato oltre 50 mila morti civili e, combinati all’impatto dei cambiamenti climatici, hanno creato 123 milioni di sfollati.
A tutto ciò si aggiunge la corsa al riarmo, figlia – oltre che delle guerre guerreggiate – della rinnovata politica si vis pacem, para bellum, che ha drenato a livello mondiale 2.700 miliardi di dollari in spese militari – circa 300 miliardi in più dell’intero PIL italiano – un budget potenzialmente destinato a raddoppiare entro il 2030.
Di fronte a questi numeri sarebbe facile lasciarsi prendere dallo sconforto, una tentazione dalla quale l’ASviS rifugge, rilanciando invece l’impegno a centrare quegli obiettivi di sviluppo sostenibile che sembrano allontanarsi all’orizzonte.
Scarica qui il Rapporto 2025: L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

«Siamo ostinati, non ciechi e neppure stupidi – ha chiarito Enrico Giovannini, professore ordinario di statistica economica e direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile –. Siamo ostinati perché, a dieci anni dalla pubblicazione del primo rapporto, crediamo ancora nei valori dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e quindi ci ostiniamo a raccontare i risultati insoddisfacenti dell’impegno dei 192 Paesi (erano 193, ma quest’anno gli Stati Uniti sono formalmente usciti dall’accordo) che nel 2015 hanno firmato quello storico documento».
Anche di fronte alle problematiche internazionali la posizione di Giovannini e dell’Alleanza è chiara: «comprendiamo ma non giustifichiamo». Non è accettabile che sia con la violenza che si riscriva la geografia, si affermino nuove volontà egemoniche e si svuotino di significato e autorevolezza gli organismi internazionali. Anche per questo la pace è al centro delle attenzioni di ASviS, a cominciare dal titolo del rapporto, che la colloca fra i pilastri della sostenibilità.
Tornando all’Italia, la situazione è complessa: il Governo disattende alcuni degli obiettivi che si era prefissato solo tre anni fa e, come rilevato da ASviS, dimostra nei fatti come gli obiettivi dell’Agenda 2030 abbiano perso centralità nell’azione politica di questa legislatura.
«Nel momento in cui sono stati individuati i percorsi, eravamo di fronte a un quadro geopolitico internazionale completamente diverso» ha riassunto il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, intervenuto alla presentazione, elencando una serie di problematiche cogenti, come l’invecchiamento della popolazione, la denatalità e la mutata sensibilità verso il consumo di suolo, che però non hanno fatto perdere di vista quantomeno l’intenzione di rispettare gli obiettivi al 2030 e al 2050.
«Alcuni obiettivi che ci eravamo dati erano stati formulati probabilmente con un eccesso d’ambizione – ha chiosato il ministro Fratin – la messa al bando dei motori endotermici al 2035 era uno dei modelli di esagerazione».
Un’analisi che fa parte di quella teoria, sposata dai governi italiani, di favorire una neutralità tecnologica che, ad oggi, se non teorica, è quantomeno in fase sperimentale.
«Ciononostante, l’Italia ha ancora l’opportunità di trasformare gli impegni assunti a livello internazionale in politiche capaci di incidere sulla vita delle persone – ha sottolineato la presidente dell’ASviS, Marcella Mallen –. Penso, ad esempio, alla Valutazione d’Impatto Generazionale (VIG), proposta dall’Alleanza da circa un decennio e ora in discussione parlamentare, volta ad analizzare gli effetti ambientali, sociali ed economici di lungo termine delle politiche pubbliche sulle giovani generazioni. Come ASviS abbiamo da sempre uno sguardo attento ai giovani, orientato a promuovere un contesto di fiducia nei loro confronti, che li aiuti a mettersi in gioco, a partecipare alla vita pubblica e a farli sentire in grado di contribuire al miglioramento del mondo che li circonda».
Si tratta di cambiare la rotta intrapresa dal Paese, azionando quelle che l’Alleanza individua come cinque leve trasformative – governance, capitale umano, finanza, cultura e partnership – andando così a incidere su sei aree strategiche: salute; istruzione e competenze; economia sostenibile e inclusiva; sistemi alimentari resilienti e un’agricoltura sostenibile; decarbonizzazione e accesso universale all’energia; città sostenibili, rigenerazione urbana e adattamento climatico; tutela dei beni comuni ambientali.
Per farlo è necessario, prima di tutto, favorire la partecipazione attiva e democratica, un tema che era risuonato forte anche un anno fa alle Settimane Sociali dei cattolici in Italia, promosse dalla CEI.
«In questa prospettiva, rafforzare la democrazia è oggi una priorità – ha sottolineato il presidente dell’ASviS, Pierluigi Stefanini – è necessario promuovere processi partecipativi realmente inclusivi, che consentano a cittadini, comunità locali e organizzazioni sociali di incidere sulle decisioni pubbliche».
L’Italia non riuscirà a raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, è sotto gli occhi di tutti, ma questo non deve scoraggiarci, anzi deve spronare la comunità e la politica a compiere scelte coraggiose.
«Crediamo sia necessaria una revisione profonda, ma soprattutto l’applicazione della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, come approvata nel 2023, perché – se applicata – darebbe quella coerenza alle politiche di cui abbiamo bisogno – ha ribadito Enrico Giovannini –. Crediamo però che sia necessario elaborare questo piano di accelerazione e, su questa base, come previsto dalle norme europee, nel 2027 fare un nuovo piano strutturale di bilancio per pensare al futuro. Nel report sono contenute proposte di varia natura; crediamo però che la società civile, anche per contrastare la sfiducia nella politica, debba essere coinvolta in questo percorso».
Un percorso non privo di difficoltà, che si può percorrere insieme, accettando di farsi carico degli impegni assunti e riconoscendone, rinnovandone, la priorità.
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